... con Paolo Sardi ex centrocampista del Poggibonsi

Paolo sardi :" L'emozione più grande ? “Tornare a Poggibonsi ad assistere di recente derby con la Colligiana allo stadio Stefano Lotti".
08.04.2020 19:19 di  Antonio Bruno   vedi letture
Fonte: U.S. Poggibonsi Ufficio Stampa
... con Paolo Sardi ex centrocampista del Poggibonsi

Un mediano tra due epoche, nel periodo dell’alternanza tra la serie D e la Promozione. In sette stagioni, Paolo Sardi ha conosciuto entrambe le categorie con il Poggibonsi. Fiorentino, classe 1944, Sardi si presentò in viale Marconi all’età di 22 anni dopo essersi distinto per qualche apparizione anche in serie superiore. Sardi, in Valdelsa da Firenze passando per l’Umbria?

Paolo Sardi : “In un certo senso, sì. Giocavo nella Ternana in serie C. L’allenatore dei rossoverdi era Mario Caciagli, di Pontedera, ex calciatore della Fiorentina e in seguito artefice di promozioni in diversi club, Taranto, Padova e soprattutto Spal. Il servizio di leva nel nord Italia mi impediva però di esprimermi con continuità nella Ternana. Una società che da lì a breve avrebbe dato il via all’ascesa verso la A”.

E allora il Poggibonsi iniziò a farle la corte?

“Fu soprattutto il dirigente dei giallorossi Umberto Casamonti, di professione agente assicurativo, a dedicarsi all’opera di convincimento nei miei riguardi. E così, nel 1966, maturò il mio trasferimento al Poggibonsi. La squadra di Tempestini e Vannuccini, di Tonani, Cermeli e Donati. Tra i volti nuovi di quella mia prima stagione, anche due futuri colleghi allenatori: Brevi e Malvolti. Poi sarebbero arrivati Bettarini, Vaselli, Palazzoli, Baldini. Insomma, il gruppo allestito in quegli anni dal direttore sportivo Sergio Gilardetti”.

Una specie di svolta nel suo percorso calcistico?

“Direi di sì, perché a Poggibonsi trovai un ambiente ideale. Società sana e coi piedi per terra, senza compiere troppi voli con la fantasia. Gente come piace a me: seria, genuina, appassionata, concreta. In quel clima per me ‘familiare’, mi capitò di portare più volte al campo sportivo anche la mia figlioletta, nata nel 1969”.

Visse anche l’amarezza di una retrocessione col Poggibonsi?

“Avvenne nel 1970. E non avevamo certo, a giudicare dai nomi, una squadra scarsa. O comunque non da ultimi posti. In quell’annata agonistica in D cominciò tra l’altro l’epopea di Bruno Gattai in giallorosso”.

Ricordiamo allora la difficile partenza dalla Promozione, nel 1970-71…

“Ci presentammo al via della stagione senza uno straccio di allenamento per via di questioni societarie. Si formò poi un altro gruppo dirigente e personalmente fui tra i confermati nella rosa, insieme con Gattai, Brevi, Vaselli, Manfredi. In pratica toccò a noi, insieme con mister Vettori, il compito di far ripartire la preziosa macchina. C’erano tanti ragazzi locali o della zona, Gori, Pedani, Fanti, Casagli, Cappelli, Matteagi, Berti. Poi sarebbe tornato il portiere Bettarini e avremmo contato sulle prestazioni a centrocampo di Cantaloni, che aveva giocato nel Siena in C pochi anni prima”.

Una terza posizione insperata, visti i presupposti. E questo offrì lo slancio, alla società, per tentare la scalata?

“Esatto. Grazie a una campagna acquisti oculata ma con innesti mirati, diremmo oggi, tra i quali Sabatini, Galgani, Carboni, Fontani, Mancini, il portiere Fratiglioni. Con l’apporto anche di giovani fatti in casa come Giorli, dalle doti tecniche eccezionali, e Grassini, riuscimmo a riconquistare la D agli spareggi, tra l’entusiasmo dei nostri sostenitori. Certo, non mancarono i momenti di difficoltà”.

Poggibonsi di nuovo in D, nel 1972-73, con Sardi capitano. E tanti inserimenti di valore, no?

“Altroché! Dugini, Kostner, un giovanissimo Di Prete, atleti in grado di fare la differenza. E altri elementi interessanti, Bracci, Tafi, Bozzi, Fulignati. Cominciammo con tre vittorie consecutive. Ma alla seconda giornata, accadde a Grosseto un fatto spiacevole anche sul piano personale”.

Ci racconti…

“Stava per concludersi il primo tempo. Riuscii a togliere letteralmente dalla porta un pallone indirizzato in rete, ma l’arbitrò assegnò il gol al Grosseto – team fortissimo con i vari Barbana, Carpenetti, Landoni – suscitando le nostre dure rimostranze. Corremmo tutti verso il direttore di gara, che a un certo punto fu pure strattonato. Nel girarsi, il signor Marino di Genova vide me, con la fascia da capitano, nei suoi paraggi e non esitò a estrarre il cartellino rosso. Ma non avevo fatto niente, ero innocente. A nulla valse la testimonianza negli uffici della Federazione ad opera del portiere Bambi, che si attribuì la responsabilità del gesto, scagionandomi. Tutto si sarebbe risolto con una maxi squalifica a mio carico di ben sei mesi, poi ridotta a tre. Sarei rientrato soltanto a gennaio, nella partita interna vittoriosa contro il Camaiore”.

E in dieci contro undici, il Poggibonsi si impose a Grosseto capovolgendo il verdetto?

“I compagni di allora ironizzano ancora oggi. ‘La tua espulsione fu la nostra fortuna!’, afferma di solito l’amico Antonio Carboni con il suo tipico stile sarcastico. In effetti la squadra, quasi a volersi risollevare dall’ingiustizia del gol fantasma, iniziò a macinare gioco e a creare opportunità. Finì 2-1 grazie alle reti di Gattai e Bozzi”.

Quella 1972-73 fu anche l’ultima stagione di Sardi al Poggibonsi, vero?

“Dopo sette anni, si concluse il mio cammino in giallorosso. Tanti ricordi, in un periodo di gran valore non solo calcistico, ma direi anche di vita. Mi consegnarono una targa al momento della mia partenza dal Poggibonsi: un pensiero bellissimo che porto ancora nel cuore, insieme con tutte le esperienze sportive e umane. Mi trasferii al Signa e intanto avevo intrapreso il percorso lavorativo, a Firenze nelle Ferrovie”.

E poi Paolo Sardi allenatore…

“Sì, soprattutto alla guida del San Donato. Tra Poggibonsi da calciatore e San Donato in Poggio da mister, ho vissuto complessivamente dodici-tredici stagioni. Siccome il mondo è piccolo, ho avuto tra i miei allievi nel team chiantigiano, prima della fusione con il Tavarnelle, anche Gabriele Grassini, figlio di Ivano con cui ho diviso una tranche del tragitto in giallorosso”.

L’emozione più grande, oggi?

“Tornare a Poggibonsi ad assistere alle gare dei giallorossi, come mi è capitato in occasione di un recente derby con la Colligiana allo stadio Stefano Lotti. Lasciarsi coinvolgere dalla genuina passione per i colori da parte dei tifosi, rientrare per un attimo negli spogliatoi, assaporare di nuovo quel clima da stadio a distanza di decenni”.