US Poggibonsi : I Leoni del passato remoto: Sergio Banti, di Paolo Bartalini

Sergio Banti : "Il derby con il Siena ? Emozione bellissima, la gente assiepata sugli spalti, a migliaia, Il calcio dell’epoca era slancio, partecipazione, aggregazione".
13.06.2020 13:21 di Antonio Bruno   vedi letture
Fonte: U.S. Poggibonsi Ufficio Stampa Giulio Valenti
US Poggibonsi : I Leoni del passato remoto: Sergio Banti, di Paolo Bartalini

Ha vissuto in maglia giallorossa una porzione degli anni Cinquanta, contribuendo alla vittoria di un campionato di Promozione: era il 1955 e il Poggibonsi conquistò per la prima volta la quarta serie grazie anche alle parate di un numero 1 di origine livornese, Sergio Banti. Classe 1933, giunto a Poggibonsi al seguito dei genitori che avevano aperto la tabaccheria del Taglio, nel cuore della via Maestra, Banti porta con sé un notevole bagaglio di ricordi, racchiusi in album pieni di foto e ritagli di giornale minuziosamente conservati.

Banti, quando iniziò a fare il portiere?

“Da piccolo, nel dopoguerra. Avrò avuto dodici o tredici anni. Giocavo nei ragazzi del Livorno. C’erano anche dei coetanei che sarebbero saliti poi ai livelli principali del calcio: Romano Taccola, attaccante passato alla Fiorentina, al Brescia, alla Triestina e alla Spal, e Mario David, successivamente alla Roma, al Milan e in Nazionale ai Mondiali del 1962 in Cile”.

Ed eccoci al 1954-55. L’approdo di Banti al Poggibonsi in Promozione…

“Come allenatore avevamo un ex portiere, Rodolfo Agostini. Nella stagione precedente la squadra, con Vettori, Antichi, Vezzosi, Becucci, era arrivata seconda dietro la Sestese. Da parte della dirigenza, che aveva al vertice il presidente Dino Frilli, la volontà di tentare di nuovo l’assalto alla serie superiore in virtù degli ingressi, tra gli altri, di Docchi, Latini e il sottoscritto. E Piccini, ragazzo fatto in casa: poggibonsese cresciuto nelle giovanili giallorosse”.

Un bel collettivo…

“Soprattutto una formazione composta perlopiù da elementi locali o comunque della zona. C’erano passione, attaccamento ai colori, alla città, al territorio di appartenenza. Ferruzzi, Nannoni, Maltinti, lo stesso Piccini, Bimbi: tutti di qui. Latini, di Certaldo. Docchi si era stabilito a Poggibonsi, come l’ala Valsecchi, il difensore Pasqualetti. Ottenemmo il passaporto per la quarta serie grazie a un cammino superlativo. Due sole sconfitte, nelle primissime giornate. Ci dovevamo un po’ assestare come gruppo, ma poi iniziammo a macinare gioco, a mietere successi”.

Un match da tenere in mente, sul piano personale?

“Non metto in risalto una vittoria, bensì un pareggio: il 3-3 di Montevarchi, in uno scontro diretto di alta classifica su un campo inespugnabile. Il fotografo di un quotidiano immortalò un mio tuffo capace di negare un goal ai padroni di casa. Quello scatto uscì all’indomani sul giornale: ‘La parata più bella della partita’, era scritto nella didascalia”.

Ben 88 centri per il Poggibonsi, specialmente grazie alla coppia d’attacco Maltinti-Piccini…

“In pratica, da soli, realizzarono la metà delle reti giallorosse nell’intero torneo. Erano fortissimi, ma occorre ricordare che quel Poggibonsi era efficace in ogni reparto. Si basava essenzialmente sul cosiddetto ‘quadrilatero’ di centrocampo, composto da Ferruzzi, Latini e i veterani Giovannelli e Freschi. Anche il terzino locale Nedo Nannoni lasciò la sua impronta in fatto di realizzazioni: quattro. Era il nostro rigorista”.

La graduatoria finale?

“Precedemmo il Montevarchi, secondo, di tre lunghezze. Non soddisfatti dell’impresa, ci fregiammo anche del titolo toscano dilettanti per merito dei risultati delle sfide con le compagini vittoriose negli altri gironi, Viareggio e Pontedera”.

Poggibonsi al debutto in Quarta serie nel 1955-56. Un duro impatto con l’inedita realtà…

“C’erano diverse società di spessore, Siena, Anconitana, Spezia, Lucchese, Carrarese… Vincemmo pochissime partite. Pagammo a caro prezzo il noviziato. Avvenne anche il cambio sulla panchina, da Agostini a Cesare Pellegatta, ex giocatore del Siena e della Pro Patria. Ma fu ultimo posto, in quell’annata d’esordio”.

Dei derby col Siena cosa rivede?

“La gente assiepata sugli spalti, a migliaia. Sei-settemila persone anche nella gara disputata a Poggibonsi con la Robur. Il calcio dell’epoca era slancio, partecipazione, aggregazione. Non c’erano le televisioni. Perdemmo sia all’andata che al ritorno, contro un Siena, poi promosso in C, che poteva contare su Toneatto, Zaramella, Tambani. E Balestra, che era stato a più riprese nel Livorno e che avrebbe conosciuto esperienze a fine carriera anche nel Poggibonsi”.

Si trattò di ripartire dalla Promozione?

“Esatto, nel 1956-57 con Gino Manni allenatore. Una persona molto stimata, grazie ai suoi precedenti nell’ambiente giallorosso sempre in categoria. Dalla vicina Colle di Val d’Elsa, insieme con Manni, giunse Auro Capresi, centrocampista destinato a scrivere importanti pagine di calcio giallorosso”.

Quali esiti offrì il rettangolo di gioco?

“Giungemmo a un punto dalla prima, la Rondinella. All’ultima giornata pareggiammo a Montevarchi, mentre i fiorentini vinsero e festeggiarono il salto. Ci ritrovammo in qualche misura ugualmente ‘promossi’, nella Quarta serie di seconda categoria. Nel frattempo infatti era andata in porto la riforma dei campionati e quella fu la nuova denominazione”.

Il 1957-58, l’anno conclusivo del percorso di Banti come portiere del Poggibonsi?

“Proprio così. In pratica cedetti il testimone a mio fratello Franco. Con il numero 7, Banti II: così scrivevano all’epoca i giornali, sui tabellini degli incontri, per distinguere tra cognomi identici e per rimarcare la differenza anagrafica”.

Altre sue squadre?

“Giovanili del Livorno a parte, ho sempre indossato le maglie di club della Valdelsa. Oltre al Poggibonsi, ho vissuto annate nel Certaldo e nella Colligiana. Soprattutto a Colle ho collezionato tante presenze in più campionati. Addirittura, nella Colligiana, avevo iniziato anche ad allenare al vecchio campo di gioco di Sant’Agostino, dopo aver superato i trent’anni. Poi hanno prevalso gli impegni lavorativi: la tabaccheria di via Maestra dei miei genitori. Poi, una volta terminato di vendere le sigarette, cominciai a fare i lampadari alla ditta Esperia di Poggibonsi, fondata nei primi anni Cinquanta. Successivamente ho aperto un campeggio a Marina di Castagneto Carducci, ritrovando un po’ le mie radici labroniche”.

E il calcio?

“Mi è rimasto dentro a lungo, anche dopo aver chiuso il percorso sul campo a certi livelli. Per esempio ho partecipato a numerose edizioni allo stadio di Poggibonsi dello storico Torneo notturno dei Bar, con i colori del Bar Perù. Sfide seguitissime da parte degli sportivi, che simpatizzavano per il Bar Canard, il Bar Rossano, il Bar Garibaldi, Le Terrazze, la Pasticceria Ceccherini… Ero un portiere pararigori: una sera, in stato di grazia, riuscii a neutralizzarne ben quattro agli avversari. E il quinto della serie lo calciarono fuori!”.

Chi è oggi Sergio Banti?

“Da tempo sono vedovo. Vivo di tanti ricordi: negli album fotografici, come amo ripetere, raccolgo la mia vita. Il pallone in quel periodo era passione pura, nel senso più genuino. Ho due figli. E cinque nipoti, tutte donne”.