Di Giorgio Ciofini : Mi Facci il piacere si Scanzi

A proposito di duelli quotidiani, come quello dell’altra sera a ”Bianco e Nero” di Cristina Parodi (La7) tra Filippo Facci e il nostro Andrea Scanzi, due campioni del genere e due dei tanti.
18.05.2020 17:23 di  Antonio Bruno   vedi letture
Fonte: Giorgio Ciofini
Di Giorgio Ciofini : Mi Facci il piacere si Scanzi

Nell’incubo quotidiano, inquietato da strane assonanze tra Isis e Iss, una sera ho sognato d’essere intubato e, inseguito dal virus, sono finito in un altro mondo. Volavo e dormivo, dormivo e volavo nel blu dipinto di blu, dalla fifa non ce la facevo a cantare (soffro pure di vertigini) e mi chiedevo di lassù: “Facci, chi era costui?”

Buio fitto, come un nome scritto in cinese, un’assenza, un geroglifico, un papiro del Mar Morto, un verso di Quasimodo. Boh!!! Mi frullava in testa l’ombra vaga d’un ricordo sepolto… eppure lo conosco. Poi d’un tratto, nell’alato dormiveglia, la rivelazione. E ho gioito, pianto, sacramentato come quando si ritrova un assillo perso per strada, che si credeva un pensiero.

Lei, Facci, ci mancava. Soprattutto ci mancava quel suo disgusto naturale, incorporato, come avesse sempre sotto il naso un carpaccio di pipistrelli di Wuhan. La smorfia nauseata degli uomini e del mondo, che ha stampata in faccia, fotografa l’epoca e ci esime dai soliti commenti di opinionisti (ci permetta) un po’ faziosi come lei.

Perché poi perdere tempo (che è denaro), quando basta una sua foto, la parola definitiva in una stipsi d’idee, che provoca continue diarree di parole. Del resto si chiamano talk show, come una volta si diceva alle galline, che la facevano dappertutto, dall’aia passate nei salotti della Pollitika.

Lei, Facci, è il confetto Falqui di questa sciolta universale, la cura che non si trova al Coronavirus. La sua faccia disgustata è, di per sé, la medicina necessaria e sufficiente. Basta guardarla e produce l’effetto. Grida basta senza parole. Urla che anche !a cacca è finita (ma non gli stronzi).

O vogliamo fare un altro commissario ad acta, come per le mascherine?

La foto del suo disgusto va appesa nei salotti a fissare i marinai (bugiardi per antonomasia) e le loro tempeste in un bicchier d’acqua (che sospetto sia grappa).

L’ultimissima ieri sera da Giletti, tra Parenzo e Sallusti (pretesto del giorno Silvia Aisha Romano), sopra ogni decibel e sotto ogni decenza, l’arco costituzionale opinionista schierato in par condicio. Opposti per qualche etto di share, nel brodo della pollitika che nutre bianchi e neri, la sua smorfia nauseata è una catarsi universale appesa a un chiodo.

Almeno i contendenti impugnassero una spada o una pistola, non dico per difendere l’onore, parola desueta che fa anche un po’ ridere ma per fare, questo si, un po’ di selezione della specie opinionista, la quale (non c’è bisogno di scomodare l’Iss) ha un R con zero altissimo e ci infetta più del Coronavirus.

Quantomeno cambierebbe il solito finale, con qualche finto funerale (che mai ce la raccontano tutta), al posto del solito sbotto sessista, discriminatorio del femminile, ma genuino: “Lei mi hai rotto i coglioni!”, “o le Palle “, o le Balle!” - secondo le varianti linguistiche dell’italica favella.

Si è capito che lei, Facci, da buon milanese è per le Balle, l’unica cosa che la distingue dal suo avversario tosco. Per il resto servono tappi ermetici per orecchie e bidè in salotto. Arcuri provveda.

Quanto a me, etero alieno da fatti (che lei chiamerebbe cazzi) che non sono miei, devo ringraziare la Parodi (donna sempre elegante fuori luogo nel contesto) e il mio concittadino Scanzi, aretino illustre inserito nel Comitato per Arezzo Capitale della Scultura (esse privativa). Del resto Michelangelo è nato in provincia e nessuno possiede la verità, soliti opinionisti a parte. Ma le proteste di Pupo (escluso dal Comitato) sono sacrosante.

Dunque Scanzi. Lei il nero, lui il bianco dell’altro giorno. O viceversa? Facci lei. Per me potete ogni volta tirare a sorte, pescando le palline dall’urna, dopo averle fatte frullare ben bene, arte in cui siete maestri al gioco dei salotti, pedine della dama, marionette a libro paga con l’aria di oracoli. Diciamolo: senza Scanzi, lei non sarebbe Facci. E viceversa. Come senza il prototipo, l’antesignano del genere, l’inimitabile Sgarbi, tanti bianco-neri come voi (la Juventus, sia chiaro, non c’entra un fico secco) non esisterebbero neanche.

Voi uniti per sempre in un matrimonio, vitale e virtuale, che non può dividere nemmeno la Sacra Rota. Voi che vivete di share e vi moltiplicate come le mele, le patate, i ravanelli e i pomodori. Voi Bianco-neri indivisibili, come la maglia della Juve.

E noi?

Noi esclusi dal gioco della dama, noi i bianchi fatti neri (e non viceversa)? Noi spettatori dall’altra parte dello schermo? Noi che il girone a briscola, scopa e tressette, era il nostro social? Noi che siamo per le bufale che fanno la mozzarella? Noi clienti d’una sportula non di followers, ma di pane e salame? Noi ragazzi d’un millennio perduto, ultimi custodi, epigoni di un anonimato dell’orgoglio? Noi che non s’appare e, dunque, non ci è dato esistere e non si può nemmeno sperare in un vaccino?

Noi che per fare un po’ di pulizia nei salotti, dovremmo richiamare le mamme dall’al di là: straccio, varichina, olio di gomito e ramazza. O Calimero. Noi, né bianchi né neri, né guelfi né ghibellini, noi Apoti in questi italici confini, facciamo nostre le parole leggendarie che Diogene di Sinope, il cinico, rivolse dalla sua botte ad Alessandro Magno, colà sceso ad omaggiarlo, che gli copriva il sole:

“Mi Facci il piacere, si Scanzi”. O era il principe De Curtis, in arte Totò?