Giorgio Ciofini : "E ora? ... Preghiamo".

18.02.2022 15:29 di  Antonio Bruno   vedi letture
Fonte: Giorgio Ciofini
Giorgio Ciofini : "E ora? ... Preghiamo".

E ora? Ora che i Manzo hanno detto basta? Ora che, finalmente, siamo LIBERI, che si fa?  Ci si converte al Calcio-donne? Oppure si chiede al nostro Sindaco americano di rifare gli Orti di guerra, nel Comunale e nei campini limitrofi? O c’è ancora chi spera negli imprenditori aretini, in un revival dell’inimitabile coppia Piero & Licio? Insomma ora che, finalmente, abbiamo riconquistato (se i Manzo non ci ripensano) la LIBERTA’ dai Romani, che si fa? C’è davvero chi crede ad un Risorgimento aretino, fatto in casa come il pan di Rigutino, la panzanella e l’acquacotta? La Storia è magistra, ma qui non ha insegnato niente a nessuno.  

Più verosimile che l’Arezzo lo prenda un Africano, appena sbarcato dal gommone e che il Ghinelli porti un Commisso dalle Americhe, dopo aver scoperto che la terra è piatta. Si, finalmente ora siamo LIBERI di ricominciare dalla terza categoria, come i cari cugini del Montevarchi. Questa è l’unica possibilità concreta attuale, conseguente alla cacciata dei Manzo, a meno che la nostra Madonnina non ripianga. Dobbiamo essere anche contenti? No, non siamo contenti. Anzi siamo “dimolto incazzati”, tanto per parlare l’italiano forbito. I Romani? Hanno sbagliato quasi tutto, ma hanno pagato di tasca loro. Anche gli stipendi, con rara puntualità nel mondo nostrano del calcio. Ad Arezzo (e non solo) non era mai successo negli ultimi trent’anni. I vari Mancini, Ferretti, La Cava, hanno trasferito il deficit ai creditori e al popolo amaranto i loro fallimenti. Non mi pare cosa di poco conto, soprattutto in questa terra calcistica, che detiene una specie di record italiano in fallimenti. Divisi in guelfi e ghibellini, in secchi e verdi, come ai tempi di Pier Saccone, ora venderemo di nuovo Arezzo ai fiorentini?

Tutto è possibile in questo nuovo, fatale incrocio con la Storia che ricorre, ormai ogni anno, come i morti. “L’Arezzo siamo noi?” - gridano ritmando dalla curva, invocando la cacciata dei romani. Allora continuino loro. No, l’Arezzo non è di una parte. È della città e di chi ne porta il nome, perchè la rappresenta e, oggi, di questo Arezzo non c’è da esserne orgogliosi. Colpa dei romani? Anche. Ma io direi soprattutto degli aretini, divisi e assenti. E c’è anche chi strumentalizza ai propri fini (non dichiarabili pubblicamente), i malumori naturali di una piazza delusa da due anni impossibili, al buio, senza avere in mano uno straccio di alternativa allo sfascio.