Di Giorgio Ciofini : Il Ballo in mascherina

11.05.2020 20:06 di  Antonio Bruno   vedi letture
Fonte: Giorgio Ciofini
Di Giorgio Ciofini : Il Ballo in mascherina

Ormai Verdi dagli eventi (Giuseppe Fortunino ci perdoni) balliamo in mascherina, per un virus odioso e un po’ vanitoso, che non nominiamo (per non dargli soddisfazione). Forse (ipotesi fantascientifica ma non tanto) basterà ignorarlo, per farlo sparire almeno dai nostri incubi. Lui, che da mesi occupa i pensieri, le giornate, le case, gli ospedali, lui padrone di noi, delle nostre vite, lui Star assoluta del piccolo schermo, un po’ ci assomiglia.

In lui si specchia la ricchezza e la miseria del tempo, l’odierna vanità, la contraddizione radicale tra apparire ed esistere.

Si dovrà fare la storia fino in fondo, ma stavolta non occorre un Tacito. Oggi la cronaca è già storia. Ciascuno di noi la può raccontare, scrivere perché ha partecipato, perché l’ha vissuta. Non c’è bisogno di frugare in archivi polverosi, di scovare antichi documenti, di diplomatica. Basterà guardare dentro di noi e smetterla di accusare gli altri, per quanto accaduto. Occorrerà cambiare noi stessi, per cambiare il mondo.

Un punto è assodato. Lui non è piovuto da Marte, né da altra galassia. Non ha viaggiato su astronavi, ma sugli aerei dei manager, gomito a gomito con chi decide le sorti della terra, che fa i tempi dietro una sirena che suona sempre a tutta: il guadagno, i dollari, gli affari il mercato a qualunque costo.

Lui non è un alieno. È un terrestre, come le pulsioni, gli obiettivi, i desideri, le paure che abbiamo. È nato qui. La Natura violentata, alla fine, ha presentato il conto. Lui un conto salato che non si ripaga in dollari, in yen, in euro, in rubli, o in peseta. Lui, figlio della follia con cui abbiamo aggredito la Terra.

Siamo tutti colpevoli anche se, per raccontare la storia in corso, più di un Tacito ci vorrebbe un Plauto, o un Corneille, il maestro del genere tragicomico, di gran lunga il più adatto per questo inusitato capitolo della Commedia umana.

Il tragico è in rebus. Basta dunque un amanuense dotato di stilo e tavoletta d’argilla (la terra rossa che rese grande Arezzo) su cui incidere l’elenco quotidiano dei trapassi. Si potrebbe cominciare col titolo: “Da Marco Perennio a lui”, giusto per incorniciare e distinguere la Storia. Ma direte: le tavolette dove le troviamo? Orfani del Pispoli, a riaprire la Bisaccioni, toccherà al Ghinelli. E sarà più facile che per le mascherine. In questa storia il lato comico è incorporato al tragico e alla retorica, che riempie di lacrime di coccodrillo i media e i fiumi d’Italia.

Come il tragico, anche il comico sta nelle cose. Negli accadimenti. Solo l’elenco si allunga un po’. Infatti, alle vittime tamponate a letto, vanno aggiunti i non tamponati e i morti dal ridere, che non sono pochi. Tra i sopravvissuti negli attacchi di riso (amaro), c’è anche chi ha usato il pannolone, al posto della mascherina di contenzione e il bidè.

Lo humor involontario è nato rigoglioso, spontaneo come l’erba sui prati d’Italia, al sole del Coronavirus. Non c’è stato bisogno di un teatro, di un copione, o di un autore anche se, tra vagheggiamenti d’autarchia, droni gendarmi, prezzi politici, oli di ricino camuffati da ordinanze più o meno sindacali, elicotteri su solitari runner e orti di guerra (atti a coltivare mascherine), i chiari di Super-luna, con lui, hanno fatto crescere a palate la Nostalgia.

A proposito del’Iss (del tutto inutile svolgere l’acronimo). L’altro ieri il nostro Istituto Superiore (?) ha sdoganato il fai da te. In pratica sono le sciarpe anti-goccia di Fontana, da indossare doppie in vista dell’estate. Scienziati? Allora Galileo, Newton, Copernico, Maxwell, Marconi, Pasteur? Almeno, al posto di Arcuri Domenico, Conte avesse chiamato Manuela.

Travolti da neologismi e inglesismi, da infodemia e smart working, cluster e contact tracing (speriamo), si va a tentoni tra sharing e share, al lume di candela, la scienza a reggere il moccolo dell’amore distanziato in mascherina, per restare Immuni. Altro che kamasutra! Per fortuna, da domenica, riprenderanno le Messe e si potrà pregare ed espiare. E per chi non va in Chiesa? Ci sono il solitario e l’Aut Aut di Kierkegaard infilato in un barattolo di pelati: “O così, o pomì?”

Dopo una settimana di convivenza, pianto e riso (amaro), solidarietà e cinismo sono in fila all’Inps a contare i morti. Si va in semilibertà per il mondo, piccolo e sconfinato come le nostre psicosi. Privi di lavoro e di vacanza, di reddito e di cittadinanza, lavati, mascherati, distanziati, privati di padri, di nonni, di mariti, di mogli e di apericene. Si va, l’etica a braccetto con la ragione di stato, anche il dolore occupato come (un tempo ormai mitico) i bagni al Mottagrill.

Chi può, ha comprato un’atollo disabitato, o ha prenotato il viaggio su Marte che, pare, arrivi prima del vaccino.

Fallite le Rivoluzioni del XX secolo, confinato anche Dio, lui solo, l’odioso, il vanitoso, l’innominabile può cambiare il Mondo, ormai all’ultima mano del Poker. Nel piatto il pianeta, la vita. Lui Robespierre, più temuto della ghigliottina, artefice del ballo in mascherina, che ci ha fatto Verdi. Noi in maschera come sempre, nel quotidiano Carnevale del Mondo. Ora con due maschere, in semilibertà, facciamo nostri i liberi versi di Giorgio Caproni:

Il mare brucia le maschere/le incendia il fuoco del sale/Uomini pieni di maschere/avvampano sul litorale//Tu sola potrai resistere/nel rogo del Carnevale/Tu sola che senza maschere/nascondi l’arte di esistere.

E io speriamo che me la cavo.